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Per far sti versi mi ò misiado insieme
Lagrime con sorisi  in una tecia,
E ve ò butà – co sto miscuglio freme –
Un fià de lingua de la zità vecia.

El sofrito l’ò fato con zivola,
Gras nostran e pevare abondante,
Cusì la lingua che ve porto in tola
La xe, se sa, un poco pizigante.

La xe la lingua de la nostra gente,
Con ele, mama, ti m’à oferto el sen,
Con ela el cor; Nina parlar te sente.

Con la mia lingua, che dispreza el fren,
Mi ve ripeterò eternamente:
“Fioi, semo in pochi, volemose ben!”

(CAVALIER DI GARBO)


Per fare questi versi ho mescolato insieme
Lacrime  e sorrisi in una pentola
E ci ho messo dentro –quando il miscuglio bolle -
Un po’ di lingua della Cittavecchia.

Ho fatto il soffritto con cipolla,
Grasso n ostrano e pepe in abbondanza,
Così la lingua che vi servo in tavola
Risulta, e lo si sa, un po’ piccante.

E’ la lingua della nostra gente,
Con questa, mamma, tu m’hai dato il seno,
Con questa il cuore, Nina, ti sente parlare.

Con la mia lingua che rifiuta il freno,
Io vi ripeterò eternamente:
“ Figlioli, siamo in pochi, vogliamoci bene!”

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