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George Junius Stinney Jr., afroamericano, è ricordato come il più giovane condannato a morte nella storia degli Stati Uniti d'America. Conquistò questo triste primato a 14 anni quando, nel 1944, venne dichiarato colpevole, da una giuria formata da soli bianchi, di omicidio di primo grado per l’assassinio di due bambine bianche, Betty June Binnicker, di 11 anni, e Mary Emma Thames, di 7 anni, uccise in modo particolarmente atroce mentre stavano raccogliendo fiori. La camera di consiglio durò meno di dieci minuti, al termine di un processo durato due ore e mezzo; tutto questo nello stato della Carolina del Sud, allora profondamente segregazionista. Fu condannato alla sedia elettrica.

L’avvocato difensore non fece richiesta d’appello, e l’intero processo non venne registrato in nessuna forma scritta. La famiglia del ragazzo presentò un ultimo, accorato appello al governatore della Carolina del Sud che, però, cadde nel vuoto. Saranno necessarie 3 scariche elettriche per fermare il suo cuore; aveva visto soltanto una volta la sua famiglia dal giorno dell’arresto. Dall'arresto all'esecuzione passarono solo 83 giorni.

Questi i crudi fatti. Come si è arrivati a tanto?

Intanto tutto è piuttosto nebuloso; sembra che una confessione, da parte di George, sia stata resa, ma su di essa esiste solo l’affermazione dello sceriffo, che dichiarò di averla raccolta (ma non ne esistono documenti scritti o prove orali); l’avvocato d’ufficio non contestò questa circostanza, cosa che avrebbe dovuto fare. Non ci sono neanche documenti formali e/o trascrizioni del breve processo.

La famiglia non ha mai lasciato cadere la cosa e, dopo 60 anni, nel 2004, alcuni studiosi ed avvocati, coadiuvati da Associazioni che si battono per i diritti civili, chiesero la revisione del processo, basandosi anche sulla circostanza  che un procedimento penale -  durato poche ore e poi seguito da una condanna di morte dopo 80 giorni  - è inusuale e fuorilegge. Inoltre, uno Storico del posto affermò di aver trovato una confessione, resa sul letto di morte dal presunto assassino, un rampollo di una facoltosa famiglia di bianchi della zona, che dichiarava di aver ucciso le due bambine (pare che uno o più membri di quella ricca famiglia bianca fossero nella giuria del processo).

Nel 2014, un giudice annullò la condanna di George; affermò che non aveva ricevuto un processo equo, sia perché non era stato difeso in modo efficace e sia perché i suoi diritti, stabiliti dal VI emendamento, erano stati violati. Il giudice dichiarò che la sua confessione venne probabilmente estorta e, quindi, era inammissibile. Stabilì anche che l'esecuzione di un quattordicenne costituiva "una punizione crudele e inusuale", e che il suo avvocato "non aveva chiamato testimoni a discarico o esercitato il suo diritto di appello". Il Giudice, va specificato, rimase nell’ambito delle legittimità delle procedure, osservando che George avrebbe potuto essere, comunque, colpevole dell’atroce delitto.

Libri e film hanno tratto spunto da questo caso: il romanzo Carolina Skeletons, del 1988, di David Stout  (da cui è stato tratto un film con lo stesso titolo), ed il film 83 Days.

Non si saprà mai come sono andati veramente i fatti; rimane il dolore per la terribile morte di tre bambini: due bianchi ed uno nero, ma sempre e solo bambini.

FONTI

Wikipedia

www.vanillamagazine.it

www.greenme.it

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