Il simbolo della Festa delle Donne, la mimosa (che fiorisce tra febbraio e marzo), fece la sua comparsa in Italia per la prima volta con la fine della Seconda guerra mondiale, l'8 marzo 1946; l’idea fu di Teresa Noce, di Rita Montagnana e di Teresa Mattei, tre donne deputate, che scelsero questo fiore anche per la sua economicità, necessaria per l'Italia del Dopoguerra; fu la Mattei ad insistere particolarmente, perchè ricordava che la mimosa era "il fiore che i partigiani erano soliti regalare alle staffette. Poteva essere raccolto a mazzi e gratuitamente".
Oggi sembra incredibile, ma durante gli anni Cinquanta, distribuire in quel giorno la mimosa divenne un gesto «atto a turbare l'ordine pubblico», mentre tenere un banchetto per strada diveniva «occupazione abusiva di suolo pubblico». Le cose mutarono definitivamente solo negli anni Settanta, con l’avvento del movimento femminista.
Da un punto di vista fitoterapico, l’Acacia dealbata (nome scientifico della mimosa) ha proprietà benefiche note già nell’antichità. La corteccia contiene tannini, oligoelementi, saponine e flavonoidi; non per nulla la Medicina cinese la considerava un “esaltatore dell’umore” ed un potente rigenerante di tessuti, i Maya la usavano come rimedio curativo per la pelle e gli Aborigeni australiani tuttora la usano per scopi terapeutici. L’olio essenziale ricavato dai fiori freschi è usato contro acne e arrossamenti, ma anche contro ansia e stress.
Recentemente si sta sperimentando l’uso della mimosa anche in cucina, per preparare frittelle ed insalate; in questo caso occorre ricordare che i fiori della mimosa, per essere commestibili, devono essere coltivati esclusivamente per questo scopo; se ci sono dubbi sulla loro provenienza, si rischia l’avvelenamento.
FONTI
www.quotidiano.net
www.paginemediche.it
www.vivodibenessere.it